Se ci segui da tempo sai che per noi i dati sono sempre fondamentali, oggi proponiamo i dati di una interessante ricerca del censis (centro studi investimenti sociali) “il valore sociale dell’audioprotesi”.
Le parti che per me meritano maggiore attenzione riportano che in Italia i problemi uditivi sono stimati nel 12,1% della popolazione (circa 7 milioni di italiani) ma c’è una significativa
differenziazione tra le classi di età e un aumento significativo con l’invecchiamento
(da percentuali che non superano il 10% della classe di età 13- 45 anni al 25% di chi
ha dai 61 agli 80 anni, fino al 50% tra gli over 80).
Unendo questi dati con le stime dell’AIRS (Associazione Italiana Ricerca Sordità), si nota una incremento costante degli ipoacusici: si va dai 6.923.000 del 2012 ai 7.258.000 del 2018, con un incremento complessivo del 4,8%.
La cosa curiosa è che nonostante la categoria maggiore sia rappresentata dagli over 60 (oltre 5.000.000 nel 2018), l’incremento maggiore è nella classe d’età intermedia (dai 46 ai 60 anni) ovvero quella più esposta ai rischi di tipo ambientale es. rumore sul posto di lavoro (+9,8% contro il +7,7%) .
Proprio a causa di questo incremento probabilmente legato al posto di lavoro, notiamo in questa fascia di età una quota che appare più elevata tra gli uomini: 13,4% del totale di ipoacusici contro il 10,4% delle donne.
Diverso è tra le persone con gravi sordità che secondo l’Istat corrispondono circa a un milione di persone dai 15 anni in su, di cui il 78% anziani, con una maggiore presenza di persone di sesso
femminile, che dichiarano condizioni di sordità e sordomutismo in misura maggiore
(52,4% contro 47,6% sul totale)
Quindi anche qui, superati gli 80 anni notiamo un grande incremento degli ipoacusici ma, più in
generale, tra gli alti fattori di rischio troviamo i fattori ambientali, legati all’esposizione di rumori in ambiente di vita e di lavoro.
Se consideriamo i dati relativi alle malattie professionali notiamo che sul totale, le malattie professionali legate all’udito sono la terza voce in ordine di importanza.
Dei 7 milioni e 200mila di ipoacusici una quota importante potrebbe trarre beneficio
dall’utilizzo di una protesi acustica o di altri ausili in grado di compensare e attenuare
il proprio deficit ma, secondo i dati della ultima indagine Anovum EuroTrak 2018
relativa all’Italia, solo il 29,5% porta un apparecchio acustico.
Le conseguenze sociali
Come abbiamo visto in altri articoli il legame fra udito e cervello è molto stretto.
L’invecchiamento e la malattia microvascolare hanno una netta correlazione fra demenza e perdita dell’udito in molti studi: il calo dell’udito legato all’età è risultato incrementare di oltre 3 volte la probabilità di demenza.
La ricerca del censis sottolinea come “il trattamento dei deficit acustici attraverso soluzioni uditive appare dunque efficace per ritardare la comparsa di disturbi cognitivi mantenendo una buona funzionalità cerebrale e ha un enorme valore preventivo per forme patologiche fortemente
connesse all’invecchiamento e dal costo sociale particolarmente elevato”.
Dettagli a cui far attenzione
A proposito della protesizzazione, la ricerca censis suggerisce che, anche se eseguita con competenza e tecnologia, questa è la fine del percorso protesico, anzi ne è solo l’inizio.
Subito dopo ci sono il counseling e il follow up ovvero si intende per Counseling
tutto quanto serve per inquadrare, aiutare e capire il paziente, le sue abitudini e il suo stile di vita, mentre il follow up è il continuo monitoraggio della situazione perché l’udito cambia nel tempo.
Conclusioni
Come abbiamo visto in più occasioni, spesso ci focalizziamo sugli apparecchi acustici e sul loro prezzo,quindi ragioniamo su un prodotto. Quando parliamo di udito e salute, però, non stiamo parlando di prodotti ma di percorsi: ogni apparecchio acustico è fatto per funzionare bene ma ha delle criticità per cui rischio di avere difficoltà se mi appoggio a qualcuno non completamente preparato o che nel tempo non riesce a seguirmi come dovrebbe.
Il mio consiglio rimane sempre: rivolgersi a uno specialista per vedere se è possibile evitare l’apparecchio, notare le differenze tra negozi di apparecchi e centri audiospecialistici, qualora dovessimo scegliere un centro usare sempre e solo protesi personalizzate con tanto di presa di impronta e taratura in vivo e fare la prova dell’apparecchio più a lungo possibile perchè un solo mese è troppo poco.
Ricordiamo sempre che secondo l’indagine su riportata, l’ipoacusia porta ad avere difficoltà con le voci sussurate (32% degli intervistati ne ha a volte, 13% sempre) , di dover chiedere alle persone di ripetere (41% a volte, 12,9% sempre), difficoltà a seguire la tv (16 -10%), crea disagio perchè non si sente (16-9), crea limitazioni (26-13), malintesi o fraintendimenti (37-10), e ci esclude dalle conversazioni (15% a volte – 8% sempre) ma nonostante questo, il 70% di chi ha problemi uditivi non porta l’apparecchio, chiediamoci perché.
Voi cosa ne pensate? avete o state provando un apparecchio acustico? Scrivetelo nei commenti
