All’attuale esistono già prodotti per ripristinare, quando possibile, l’udito: tra questi abbiamo principalmente integratori e farmaci prescritti dallo specialista. Vediamo ora quali sono le ricerche più recenti in merito a farmaci per l’udito.
Il miglioramento farmaceutico dell’udito è stato oggetto di interesse in diversi studi di ricerca. Ad esempio, Chowdhury et al. (2017) hanno discusso l’ottimizzazione fenotipica delle carbossamidi urea-tiofene per ottenere agenti protettivi potenti, ben tollerati e attivi per via orale contro la perdita dell’udito indotta dagli aminoglicosidi, evidenziando il potenziale degli interventi farmaceutici nella protezione dalla perdita dell’udito. Il risultato è stato che il composto da loro realizzato protegge le cellule ciliate meccanosensoriali e dimostra una protezione del 100% nei test su alcune specie animali.
Inoltre, Parham et al. (2011) hanno esplorato le sfide e le opportunità della presbiacusia, sottolineando i potenziali interventi terapeutici come la somministrazione orale di rebamipide, acido α-lipoico e vitamina C (integratori uso orale) per migliorare i livelli di udito nei pazienti con perdita uditiva legata all’età. In uno studio del 2018 si approfondisce l’ototossicità di numerosi farmaci, trovando 194 farmaci somministrati per via sistemica associati a ototossicità, più comunemente antimicrobici (53), psicotropi (21), antipertensivi/antiaritmici (19), antinfiammatori non steroidei (18) e antineoplastici (16). Sono state riscontrate evidenze di cocleotossicità in 165 farmaci (classificazione delle evidenze A [22], B [77], C [69]), vestibolotossicità in 100 farmaci (classificazione delle evidenze A [23], B [47] e C [30]) e vertigini in 142 farmaci (classificazione delle evidenze A [50], B [76] e C [16]). Inoltre, è stata fatta una revisione delle prove di ototossicità dei farmaci ototopici. Il risultato è che i farmaci con una tossicità per l’orecchio interno sono molto più diffusi di quel che pensiamo e occorre sempre valutare attentamente i rischi e benefici dei prodotti farmaceutici.
Secondo uno studio Giapponese la somministrazione intratimpanica di desametasone (un particolare antinfiammatorio ) riduce notevolmente gli acufeni nelle ipoacusie improvvise anche a sei mesi dalla comparsa dei primi sintomi (207 giorni) senza però ridare alcun guadagno sulla perdita di udito, in un’altra ricerca sulla sindrome di meniere invece si nota come la stessa sostanza riesca a contenere notevolmente le vertigini tipiche di questa malattia.
Inoltre, Jacob et al. (2016) e Killick et al. (2018) hanno approfondito le esigenze di assistenza farmaceutica delle persone con perdita sensoriale, compresa la perdita dell’udito. Questi studi sottolineano complessivamente il potenziale degli interventi farmaceutici nell’affrontare e migliorare la perdita dell’udito, evidenziando la necessità di ulteriori ricerche e sviluppi in questo settore.
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